Buffon: «Combine? Meglio due feriti di un morto»

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Play87
view post Posted on 26/5/2012, 07:16 by: Play87




IL CAPITANO DELLA NAZIONALE: «NON HO PAURA CHE CI PORTINO VIA CONTE»
Buffon: «Combine?
Meglio due feriti di un morto»
«È chiaro che le partite sono fatte per essere vinte, però ogni tanto si fanno i conti»

FIRENZE - «Chi conosce il calcio e lo vive giorno dopo giorno sa cosa succede. In alcuni casi si dice meglio due feriti che un morto».
Gianluigi Buffon non ha ancora varcato il cancello di Coverciano e già fa discutere. È il capitano, il leader, l'anima della nazionale. Ed è sincero, diretto, schietto. A volte anche troppo. Come stavolta, in un'intervista a Sky. L'argomento in questione sono le scommesse. E tutto parte dal coinvolgimento del suo allenatore, Antonio Conte. Gigi sta dalla sua parte: «Non ho paura che ce lo portino via perché lo conosco, conosco il calcio e perché ho sentito che molti giocatori del Siena hanno dato una versione completamente diversa da quelle accusatorie». Il quarto punto è quello scottante, che aprirà il dibattito e costerà critiche feroci al portiere. Perché meglio due feriti che un morto, vuol dire che quando il pareggio va bene ad entrambe può essere la soluzione. «Sono affari loro. È chiaro che le partite sono fatte per essere vinte e sarà sempre così. Però, ogni tanto, se qualcuno fa qualche conto è giustificato».

Parole forti. Come quelle dopo il gol-non gol di Muntari. «Se mi fossi accorto che il pallone aveva superato la linea bianca non lo avrei detto all'arbitro», la frase che aprì il dibattito e accese la polemica. Ora, almeno su quell'argomento, l'animo è lieve: «Non ho visto se il pallone aveva superato la linea. E se l'avessi visto lo avrei detto».
Buffon è in forma, rilassato con lo scudetto sul petto. A proposito che numero? «Sul campo è accaduta una cosa, in altre sedi un'altra. Se mi chiedessero quanti ne ho vinti, risponderei cinque anche se me ne hanno assegnati tre». C'è anche spazio per rimpiangere Del Piero e parlare di mercato: «Van Persie mi ha stupito perché non pensavo diventasse un finalizzatore così importante. È riuscito a cambiare ruolo e diventare decisivo, ma non saprei che collocazione potrebbe trovare nella Juve». Dove, invece, accoglierebbe a braccia aperte Balotelli: «Mario lo vedrei bene in tutte le squadre più forti del mondo perché ha dimostrato di poter essere decisivo. Se venisse da noi diventerebbe l'idolo dei tifosi».


Insomma Buffon è pronto a calarsi nella parte del paladino dell'Italia light di Cesare Prandelli. Un gruppo in cui la parola d'ordine è entusiasmo. Non importa essere alti, ricchi e famosi per avere chances di vincere l'Europeo. E non è fondamentale neppure l'esperienza perché, come dice Giovinco, «prima o poi da qualche parte l'esperienza bisogna cominciare a farsela». Non è una nazionale di giganti, soprattutto in attacco, considerando che Di Natale arriva ad un metro e 70 e Cassano è appena cinque centimetri di più. Giovinco, il più piccolo della compagnia con i suoi 164 centimetri, è anche il più lesto a lanciare la sfida attraverso uno slogan: «Il Barcellona ha dimostrato che si può diventare grandi anche senza un grande fisico».
È lo spirito giusto, quello che vuole vedere Prandelli. E nell'Italia in cui risparmiare è diventato un imperativo, anche il c.t., involontariamente, si è adeguato. Betfair.it, sito italiano di scommesse, ha confrontato gli stipendi dei 32 preconvocati con quelli dei giocatori chiamati due anni fa da Lippi al Mondiale sudafricano. La media degli attuali azzurri è più bassa di quasi 500 mila euro. Una nazionale in linea con i tempi. Risparmiosa e ambiziosa.


Buffon, capitano e leader riconosciuto, fissa l'obiettivo: «Almeno la semifinale. Anche se il girone di qualificazione è storicamente il nostro tallone d'Achille e stavolta sarà ancora più duro perché troviamo subito la Spagna». Da oggi lo ricorderà a tutti, ai più esperti e ai tanti giovani che animano il gruppo e che vogliono entrare nell'elenco dei 23. Giovinco su quell'aereo ci andrà di sicuro e magari a Buffon racconterà della sua voglia di Juve: «Non ha senso essere merce di scambio. O torno a Torino o resto a Parma. Io mi sento pronto per un grande club...».

 
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